mercoledì 2 novembre 2016

Step 4: il Bistro e il mito

Nelle diverse civiltà l'insieme dei colori ha sempre avuto un'attrazione particolare, visto come fenomeno legato al possesso di poteri magici...l'arcobaleno ad esempio rappresentava il ponte che legava la sfera spirituale del mondo, l'alto, e quella materiale, il basso.
Indipendentemente dalla cultura a cui si guarda, l'universo dei colori e quello mitologico risultano avere legami: la loro presenza all'interno del mito assume significati talvolta non così immediati da comprendere e differenti a seconda del mondo mitico a cui si vuol far riferimento.

Tuttavia risulta abbastanza difficile trovare un preciso riferimento al Bistro nella mitologia dei popoli antichi; quindi cercheremo di trovare collegamenti risalendo alla materia prima che produce il bistro, la fuliggine stemperata, e all'albero da cui proviene questa fuliggine, il faggio.
Simbolo dell'unione fra la profondità della terra e lo spazio sconfinato del cielo; simbolo delle divinità progenitrici dell'umanità.


Il Faggio e la mitologia


Fin dai tempi più antichi gli alberi furono considerati dalle maggiori civiltà come veri e propri simboli sacri.
Rappresentavano, inoltre,il trascorrere del tempo:l'età degli alberi, infatti,è distintamente indicata da un insieme di cerchi concentrici che si possono notare nei tronchi,quando questi vengono segati.
Saturno
Arrivando, più nello specifico al faggio: la sua corteccia liscia e leggera fu uno dei primi supporti utilizzati in Europa per la scrittura, e infatti il nome tedesco del Faggio, Buche, ha la stessa etimologia di Buch, che significa libro. E’ pertanto un albero legato alla saggezza e alla tradizione, alla conservazione della memoria. Tuttavia Sorprende che un albero così imponente e largamente diffuso non abbia trovato molto spazio nella mitologia. Sembra che in nessuna cultura sia stato associato a qualche divinità importante. Tuttavia ha avuto una grandissima importanza come pianta divinatoria. Come racconta Tacito, i popoli germanici lanciavano bastoncini di Faggio incisi con rune su un telo bianco e dalla loro dislocazione i sacerdoti e capotribù erano in grado di leggere il futuro e di ottenere chiarezza sulle questioni poste. Probabilmente non era legato a nessuna divinità perché era considerato un tramite tra l’uomo e le deità. Il Faggio è considerato l’archetipo delle piante saturniane. Saturno rappresenta la discesa dello spirito nella materia. 

Fiore del faggio
Ma il Faggio rappresenta contemporaneamente anche il movimento inverso, dalla materia allo spirito. Perciò è l’albero che simboleggia l’unione tra materia e spirito, tra uomo e Dio, il superamento della dualità. È interessante trovare questa unione nel significato dei numeri presenti nei frutti, dove 2 semi di forma 3-angolare sono uniti in 1 riccio composto da 4 settori. Nella numerologia, arte cara a tutte le antiche culture, l’uno rappresenta l’assoluto e l’unione nel divino, il due simboleggia la dualità, il quattro sta per la materia costituita dai quattro elementi e il tre rappresenta la conoscenza e il superamento della dualità. Perciò i frutti del Faggio simboleggiano una rappresentazione dell’evoluzione: l’uno che si manifesta nella dualità, dalla dualità nascono i quattro elementi e tutto il mondo visibile che poi trova il superamento della dualità nella conoscenza. Non a caso nelle culture celtiche, germaniche e nordiche, il Faggio simboleggiava conoscenza, sapere, saggezza e chiarezza. Era cosi strettamente associato alla conoscenza che in alcune lingue nate da queste culture la parola che indica il libro deriva dal nome dell’albero. Per i druidi era anche l’albero della serietà e severità, qualità indispensabili per i sacerdoti che dovevano entrare in contatto con l’altro mondo. Nei boschi di Faggio impressiona la luminosità eterea delle foglie che contrasta con il tronco massiccio e grigio, ben radicato a terra. È interessante osservare che quando la religione cristiana entra pienamente nel costume germanico, le chiese cominciano ad assomigliare, nelle cattedrali gotiche, a foreste di Faggio: dal pavimento ombreggiato e fresco si ergono alti pilastri con finestre che fanno filtrare la luce in alto. Il popolo germanico usava il legno di Faggio per fare talismani allo scopo di stimolare la creatività e le ceneri di questo albero, insieme all’olio estratto dai suoi frutti e al grasso animale, per produrre i primi saponi. Il Faggio in passato era importante per la produzione del carbone vegetale che veniva usato per numerosi scopi, anche per curare la diarrea. Dalla distillazione del legno si ottiene il creosoto, una sostanza fungicida e insetticida che veniva largamente usata per conservare il legno, ma anche per problemi della pelle. Essendo però tossico per l’uomo e l’ambiente il suo uso è ormai vietato.
 (fonte: http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=414)

Faggio secolare


La cura della bellezza nell'antico Egitto

Dettaglio trucco egizio
In realtà il bistro, nel mondo della cosmesi, ha radici antichissime. Nella civiltà egizia l'importanza della bellezza aveva vari significati, infatti la cosmesi era considerata una necessità per la cura ed igiene del corpo, bellezza esteriore e non per ultimo aveva un fine religioso e una funzione funeraria. Il solo valore ornamentale della cosmesi divenne molto importante, donne e uomini cercavano di migliorare la propria immagine usando trucchi, creme, unguenti in modo quotidiano anche se la maggior parte dei prodotti avevano spesso un fine curativo oltre che estetico.
I colori utilizzati per il trucco degli occhi erano due, il verde ricavato dalla malachite e il nero ricavato dalla galena, ma particolare cura era dedicata alla protezione degli occhi dal sole e dalle infezioni.
Il bistro, oggi chiamato khol o kajal veniva mescolato con grassi, resine e linfa di sicomoro serviva per tracciare una linea nera sulla palpebra donando agli occhi uno sguardo magnetico, aveva la duplice funzione estetica e antibatterica veniva usato soprattutto dalle donne e dai bambini.
Il khol era composto da polvere di galena, un minerale a base di solfuro di piombo, ma il suo contenuto poteva variare a seconda delle stagioni, fu addirittura scritta una poesia su questo cosmetico: “il tuo occhio con il khol diventa più grande, il tuo occhio contiene più amore, nel tuo occhio mi perdo, come in un cielo incantato..”

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